Sono molte le preoccupazioni che suscitano le recenti argomentazioni del Consiglio di Stato a sostegno della decisione di un Comune di ridurre le ore di assistenza scolastica indicate nel PEI per uno studente con disabilità a causa di esigenze finanziarie (Cons. Stato, Sez. III, 12 agosto 2024, n. 7089).
In particolare, si afferma che gli enti locali, con specifico riferimento all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione (ASACOM), godrebbero di un potere riduttivo delle ore quantificate nel PEI in caso di esigenze di contenimento della spesa pubblica, considerato che:
- il PEI costituisce un documento che recepisce “proposte” del GLO e non già determinazioni conclusive e vincolanti;
- ai sensi dell’art. 3, co. 5, d.lgs. n. 66/2017 (recante le norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità) gli enti locali assicurano gli interventi necessari per garantire l’assistenza scolastica “nei limiti delle risorse disponibili”.
In sostanza, per quanto riguarda l’assegnazione delle misure di inclusione scolastica relative all’ASACOM, il PEI avrebbe valore di proposta e non (più) di vincolo e il diritto all’istruzione e all’inclusione scolastica degraderebbe da “diritto incomprimibile” ad “interesse legittimo pretensivo”, comparabile dall’amministrazione con i principi di buona amministrazione e sostenibilità economica.
È evidente che questa sentenza rappresenta un grande passo indietro rispetto alle battaglie intraprese negli anni da molte famiglie per impedire che il diritto all’istruzione e all’inclusione scolastica degli/le alunni/e con disabilità soffra limitazioni legate ad esigenze di bilancio, battaglie che hanno tra l’altro trovato un importante riscontro nella nota sentenza n. 275/2016 della Corte costituzionale che, in materia, ha affermato che “è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”.
Allo stesso tempo, ci si chiede in che rapporti si pone il cambio di rotta del Consiglio di Stato sulla rilevanza del PEI – che diventa documento ricognitivo di “mere proposte” del GLO e quindi non più vincolante per gli enti locali – rispetto alla precedente sentenza n. 2023/2017 che, seppur con particolare attenzione al tema del sostegno scolastico, ha precisato che il termine “proposte”, riferito agli atti del GLO sulla determinazione delle ore, non è stato scelto dal legislatore per consentire ad altre autorità – non aventi peraltro specifiche competenze di natura medica o didattica – di ridurre le ore assegnate, ma semplicemente per indicare atti interni al procedimento, che vengono redatti da un organo collegiale competente quando non sono ancora rilevate le effettive esigenze della persona con disabilità.
È allora necessario, a questo punto, che il valore di queste proposte venga chiarito e uniformato una volta per tutte?
Volendo comunque intravedere un aspetto positivo tra le righe di questa pronuncia, nel caso di specie emergono circostanze che, nel complesso, si spera abbiano pesato sulla decisione del Consiglio di Stato: infatti, nonostante la riduzione delle ore di ASACOM da parte del Comune per ragioni finanziarie, lo studente – portatore di una disabilità lieve – risulta aver raggiunto gli obiettivi educativi prestabiliti al termine dell’anno scolastico.
Occorre tenere a mente, però, che non tutti i casi sono uguali e che, se i principi di questa sentenza venissero applicati ad esempio ad un alunno con disabilità grave, l’esito al quale si andrebbe incontro potrebbe essere ben diverso da quello in esame. Infatti, far dipendere l’erogazione delle misure di assistenza scolastica dalle risorse finanziare di un ente locale, piuttosto che dalle effettive esigenze della persona indicate scientemente nel PEI, comprometterebbe nei casi più delicati il raggiungimento degli obiettivi didattici, educativi e di inclusione scolastica che vengono stabiliti all’inizio di ciascun anno scolastico. Scenario, quest’ultimo, evidentemente inaccettabile.
Non si può non osservare, infine, che il riconoscimento di un autonomo potere discrezionale di concreta assegnazione delle risorse scolastiche riservato all’ente locale comporterebbe anche il rischio di appiattire il rapporto di collaborazione con le famiglie e le istituzioni scolastiche (già non sempre pacifico) che, al contrario, dovrebbe convergere verso un unico obiettivo: garantire indiscriminatamente il diritto all’istruzione.
Insomma, fermo restando che questa sentenza rappresenta oggi un precedente isolato, è importante evitare che le amministrazioni locali abbiano ad ogni costo l’ultima parola in tema di assistenza scolastica per gli/le alunni/e con disabilità. Per questo motivo sarà prioritario rappresentare ai TAR, ove in futuro ritenessero di volere applicare i principi delineati dal Consiglio di Stato, che è indispensabile tenere conto delle specificità del caso concreto.