A pochi mesi dalla discussa sentenza del Consiglio di Stato n. 7089/2024, che ha ritenuto legittima la decisione di un ente locale di ridurre le ore di assistenza scolastica indicate nel PEI per uno studente con disabilità a causa di esigenze di contenimento della spesa pubblica, si torna a parlare di bilanciamento tra la tutela dei diritti fondamentali delle persone con disabilità e la disponibilità finanziaria degli enti locali per l’erogazione di specifici servizi (Cons. Stato, Sez. VII, 20 novembre 2024, n. 9323).
Questa volta, però, una diversa Sezione del Consiglio di Stato ha ripristinato i precedenti giurisprudenziali in materia di “incomprimibilità” dei diritti e delle tutele degli alunni e delle alunne con disabilità, discostandosi espressamente dalla decisione adottata dal giudice amministrativo la scorsa estate.
La questione di fondo, in questo caso, non ha riguardato l’erogazione del servizio di assistenza scolastica, ma il diverso servizio di trasporto scolastico in favore di un alunno con disabilità che, nel caso di specie, era messo a disposizione e offerto in via indiretta dall’amministrazione comunale tramite l’erogazione di un assegno mensile. Il contezioso è in particolare scaturito dalla richiesta del genitore del minore della somma di denaro corrispondente all’impegno di spesa che il comune aveva assunto in suo favore e il cui importo non era stato più erogato a causa di un debito accertato a carico del padre dell’alunno per imposte locali non versate.
Il Consiglio di Stato ha tuttavia stabilito che tale debito non può precludere, a danno dell’alunno, il riconoscimento dell’assegno per il trasporto scolastico, che peraltro è sostitutivo di un servizio che per legge deve spettare gratuitamente. Infatti, viene precisato che non è possibile eccepire in compensazione, per consentire l’esercizio di un diritto fondamentale come quello inerente al trasporto scolastico di un alunno con disabilità, l’esistenza di un debito da parte di questi o – come nel caso di specie – del padre, per cause del tutto estranee all’esercizio di tale diritto, in quanto il doveroso bilanciamento tra i due valori in gioco esige che il comune, una volta riconosciuti i presupposti per l’attribuzione dell’assegno, eroghi la somma per consentire alla famiglia di poter garantire al minore il trasporto a scuola.
Diversamente, se dovesse operare l’eccezione di compensazione, il diritto fondamentale all’istruzione dell’alunno verrebbe paralizzato finché, per ipotesi, il debitore – in questo caso, peraltro, un soggetto diverso dal minore – non paghi il proprio debito nei confronti dell’amministrazione.
Questa conclusione è stata ritenuta contraria alla natura di rango superiore che, nella gerarchia dei valori costituzionali, deve riconoscersi al diritto fondamentale allo studio. Infatti, il Consiglio di Stato, seppur consapevole dell’orientamento precedentemente introdotto dalla sentenza del 12 agosto 2024, n. 7089, per cui l’esercizio di diritti fondamentali deve misurarsi (se non addirittura cedere) in presenza di limiti di risorse finanziarie degli enti locali, ha deciso di aderire a quelle tesi secondo cui uno Stato sociale di diritto, a fronte del “grido di dolore” proveniente da moltissime situazioni concrete, deve assicurare le esigenze dei soggetti più bisognosi e, a parità di bisogno, di quelli meno abbienti, in quanto la teorica dei diritti fondamentali finanziariamente condizionati non può legittimare la mortificazione dei diritti stessi, senza che la scelta dell’ente e, persino, del legislatore sia sorretta da una valida e superiore causa di giustificazione, attinente alla tutela del bene comune per finalità solidaristiche.
Sulla base di queste argomentazioni, quindi, il Consiglio di Stato ha stabilito che l’esistenza di un debito per imposte comunali non può, in assenza di ben più solide motivazioni, precludere l’esercizio del diritto fondamentale all’istruzione dell’alunno con disabilità e, in riforma della sentenza di primo grado impugnata, ha pertanto accolto la domanda del genitore di condanna del comune al pagamento della somma di denaro dovuta per l’erogazione del servizio di trasporto scolastico in favore di suo figlio.
Insomma, ancora prima di quanto auspicato, questa sentenza non solo supera un precedente che aveva destato molte preoccupazioni sulla possibilità di ottenere ancora una tutela dinanzi a decisioni di enti locali che antepongono esigenze finanziarie ai bisogni delle persone con disabilità, ma incentiva le amministrazioni stesse ad agire con maggiore attenzione e a porre in essere ogni adempimento necessario per attribuire agli alunni e alle alunne con disabilità i diritti riconosciuti dal legislatore, anche al fine di evitare che le famiglie siano costrette a proporre ricorsi giurisdizionali per ottenere ciò che è a loro dovuto!