In un momento in cui l’incertezza sull’applicazione delle previsione del Codice dei contratti pubblici in materia di contratti collettivi nazionali (CCNL) è tutt’altro che superata, nonostante l’introduzione del correttivo, possiamo dire di avere almeno un punto fermo: la dichiarazione di equivalenza delle tutele tra il CCNL indicato nella documentazione di gara e quello diverso applicato dall’operatore economico deve essere oggetto di una verifica effettiva da parte delle stazioni appaltanti.
In effetti, il correttivo ha introdotto una “presunzione di equivalenza” tra i contratti collettivi nazionali e territoriali sottoscritti dalle medesime organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, anche se firmati con diverse organizzazioni datoriali (art. 3, nuovo allegato I.01). L’equivalenza è subordinata alla condizione che il CCNL applicato sia coerente con la dimensione o la natura giuridica dell’impresa. Al di fuori di questa (controversa) ipotesi, però, le amministrazioni certamente non possono “prendere per buone” le dichiarazioni degli operatori economici, ma devono verificare che l’equivalenza vi sia, utilizzando i parametri applicabili temporalmente alla gara in questione e quindi sostanzialmente prima le indicazioni dell’ANAC e poi quelle del Correttivo.
A ribadirlo con chiarezza è una recente sentenza che interviene proprio su due CCNL il cui rapporto è stato spesso oggetto di discussione nelle gare per l’affidamento di servizi educativi: il CCNL Cooperative sociali e il CCNL Aninsei (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 30 gennaio 2025, n. 296).
In effetti, è proprio a valle di una serie di esperienze in cui cooperative sociali che applicavano il contratto Aninsei riuscivano a offrire ribassi molto elevati in gare per la gestione di asili nidi che chi scrive ha salutato con entusiasmo l’inserimento dell’art. 11 nel Codice dei contratti pubblici del 2023 (salvo poi confrontarsi con le note difficoltà applicative…).
Nella sentenza richiamata, il TAR Milano ha sottolineato che, se è vero che con la possibilità di applicare un CCNL diverso da quello indicato dalla stazione appaltante il legislatore ha inteso riconoscere agli operatori economici una maggiore flessibilità nella propria organizzazione aziendale (e qui il TAR richiama la controversa ordinanza del TAR Brescia, Sez. II, 12 marzo 2024, n. 89, che aveva valorizzato molto la libertà di iniziativa economica privata), è anche vero che “tale facoltà deve contemperarsi con la ineludibile tutela dei lavoratori”, che richiede un’attenta disamina da parte della stazione appaltante circa l’equivalenza delle tutele (economiche e normative) riconosciute in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico, obbligo confermato dalle disposizioni del correttivo.
Nel caso di specie, la verifica del contenuto della suddetta dichiarazione, anche con le modalità di cui all’art. 110, non è avvenuta, essendosi l’amministrazione “limitata a recepire supinamente la dichiarazione resa dalla aggiudicataria”. L’adempimento, insomma, è stato del tutto omesso, non essendovi traccia, né nei verbali di gara né nella determinazione di affidamento, dell’effettivo espletamento della verifica relativa al contenuto della dichiarazione di equivalenza resa.
Il TAR ha quindi annullato l’aggiudicazione, pur non entrando nel merito circa la carenza o meno del requisito dell’equivalenza delle tutele tra il CCNL applicato dall’aggiudicataria e quello individuato dall’amministrazione (trattandosi di potere amministrativo non ancora esercitato).
Dopo un paio di anni in cui sembrava che la giurisprudenza amministrativa “remasse contro” le innovazioni del nuovo Codice più attente alla tutela dei lavoratori, la sentenza del TAR Milano rappresenta un monito per le stazioni appaltanti a svolgere in modo effettivo la verifica sull’equivalenza delle tutele tra CCNL, pur nella complessità che deriva da un quadro normativo ancora non rassicurante sul punto e dal fatto che “non esistono due CCNL uguali”. Per gli operatori economici, che incontrano purtroppo le stesse difficoltà, è un ulteriore incentivo a presentare dichiarazioni di equivalenza fondate (nei limiti del possibile) su un’analisi rigorosa delle tutele previste dai CCNL.