I consorzi stabili sono tra i protagonisti più dibattuti in materia di appalti pubblici, in quanto, dietro una formula giuridica apparentemente consolidata, si celano nodi interpretativi e questioni applicative che continuano a sollevare numerose incertezze, anche dopo le recenti modifiche introdotte dal “Correttivo”.
Come è noto, il consorzio stabile – nato con la c.d. Legge Merloni (legge 11 febbraio 1994, n. 109) all’esito di un percorso di tipizzazione normativa del fenomeno della cooperazione tra imprese nell’esecuzione di commesse pubbliche – si caratterizza per essere un soggetto giuridico autonomo, in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base ad uno stabile rapporto organico con le singole consorziate, rispetto alle quali costituisce un soggetto distinto, responsabile in solido, oltre che unico interlocutore nei confronti della stazione appaltante.
Rispetto alle caratteristiche strutturali di un consorzio stabile, di cui all’art. 65, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 36/2023, che non destano oramai particolari perplessità, anche alla luce di innumerevoli chiarimenti giurisprudenziali consolidatisi nel tempo, è al contrario fonte di molti interrogativi la novellata disciplina del cumulo alla rinfusa dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria (art. 67, co. 1, d.lgs. n. 36/2023), che il “Correttivo” ha modificato come segue:
- per gli appalti di servizi e forniture, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria possono essere computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle consorziate (dunque, il cumulo alla rinfusa continua ad essere consentito in modo ampio e indipendentemente dal fatto che le consorziate siano designate in gara come esecutrici o meno);
- per gli appalti di lavori è stata invece introdotta la seguente distinzione:
-
- in caso di partecipazione con la propria struttura e quindi di esecuzione diretta dei lavori da parte del consorzio, i requisiti posseduti in proprio dal consorzio si possono cumulare con quelli delle consorziate;
- in caso di esecuzione dei lavori tramite le consorziate designate in sede di gara, non opera il cumulo alla rinfusa, ma i requisiti devono essere posseduti e comprovati direttamente dalle consorziate esecutrici, ovvero mediante avvalimento ai sensi dell’art. 104, d.lgs. n. 36/2023.
In quest’ultimo caso, che dunque consentirebbe alle consorziate esecutrici, ove non in possesso in proprio dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria previsti dal bando, di avvalersi – ai sensi dell’art. 104, d.lgs. n. 36/2023 – di quelli posseduti dal consorzio, l’art. 67, co. 7, del Codice – modificato dal “Correttivo” – precisa tuttavia che “possono essere oggetto di avvalimento solo i requisiti maturati dallo stesso consorzio in proprio e di tali requisiti è fornita specifica indicazione nell’attestazione di qualificazione SOA”.
Tale modifica normativa scaturisce da un contrasto interpretativo, insorto con riferimento alla precedente formulazione dell’articolo (che stabiliva che “possono essere oggetto di avvalimento solo i requisiti maturati dallo stesso consorzio”), nel quale:
- una prima tesi sosteneva che, qualora un consorzio stabile partecipasse ad una procedura di gara in veste di impresa ausiliaria, i requisiti che poteva prestare e che quindi potevano essere oggetto del contratto di avvalimento erano solo quelli maturati dal consorzio in proprio (e non anche dalle consorziate non esecutrici) per effetto dell’esecuzione di precedenti contratti di appalto (cfr. parere di precontenzioso ANAC, 29 novembre 2023, n. 558);
- una seconda tesi, al contrario, affermava che il riferimento dell’art. 67, co. 7, del Codice ai requisiti maturati “dallo stesso consorzio” in relazione all’oggetto di avvalimento andava interpretato nel senso di ricomprendere anche i requisiti maturati per il tramite delle consorziate e non solo “in proprio” dal consorzio, in quanto la norma vietava solamente la spendita plurima dei requisiti “che è tutt’altra cosa” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 gennaio 2025, nn. 364 e 367; TAR Lombardia, Sez. IV, 28 marzo 2025, n. 1097).
L’attuale formulazione dell’art. 67, co. 7, d.lgs. n. 36/2023 sembra propendere per l’interpretazione più restrittiva, nonostante – anche agli occhi del giudice amministrativo – sia necessario attendere l’inquadramento che verrà fornito dalla giurisprudenza (cfr. TAR Lombardia n. 1097/2025).
Nel frattempo, tuttavia, l’ANAC ha chiarito la propria posizione, precisando le condizioni in cui un consorzio stabile può qualificarsi attraverso requisiti propri anche per poter conseguentemente ricorrere all’istituto dell’avvalimento in qualità di ausiliario, come sembrerebbe imposto dalla disposizione in commento.
Inoltre, in merito alla necessità, più volte auspicata, del consolidamento di una prassi operativa che chiarisca la “specifica indicazione” dei requisiti maturati direttamente dal consorzio nell’attestazione di qualificazione SOA, l’Autorità ha reso noto che, per adeguare il sistema alle finalità sopra indicate, “nell’attestato di qualificazione dei consorzi stabili è prevista una nuova sezione in cui vengono indicate le categorie di lavori (e le relative classifiche) maturate direttamente dal consorzio stabile” e che “i sistemi informativi dell’Autorità risultano già adeguati con riguardo alla nuova tipologia di rilascio delle Attestazioni” (cfr. Comunicato del Presidente del 28 maggio 2025).
Del resto, chiarezza e uniformità interpretativa rappresentano, oggi più che mai, una priorità, specialmente per gli operatori del settore, che si trovano costretti a navigare in un quadro incerto, con il rischio concreto di stipulare contratti di avvalimento la cui validità potrebbe essere successivamente messa in discussione.