A tutti o quasi, ormai, è capitato di recarsi un negozio di arredamenti, o in grandi punti vendita noti, e ottenere la progettazione di una cucina, o di altri spazi di arredamento.
La stanza e il mobilio che vediamo esposto è solo un esempio, spetterà dopo all’operatore adattare il modello alle nostre esigenze.
Ebbene, questo lavoratore o questa lavoratrice, cosa è? A che retribuzione ha diritto?
A quest’ultima domanda – molto rilevante – si risponde individuando in quale livello contrattuale il lavoratore o la lavoratrice deve essere inquadrato.
Più è sofisticata la mansione, più alto sarà il livello e maggiore sarà la retribuzione.
Ebbene, la questione è stata analizzata dalla sentenza del 25 settembre 2023 del Tribunale di Roma.
Nel caso in esame, una lavoratrice – o meglio una progettista – era stata inquadrata nel livello IV del CCNL del Commercio, come commessa.
Abbiamo, peraltro, notizia che diverse aziende applicano questo inquadramento.
E questo perché si ritiene erroneamente che la progettazione sia un’operazione complementare alla vendita.
Tuttavia, il Giudice ha accolto la nostra diversa tesi affermando che “al progettista spetta il superiore terzo livello” che comprende i lavoratori e le lavoratrici che “svolgono mansioni di concetto o prevalentemente tali che comportino particolari conoscenze tecniche ed adeguata esperienza”.
In altri termini, progettare, con un apposito programma, è qualcosa in più che assistere la vendita. Noi riteniamo, che questa sentenza sia molto importante per segnare un cambio di passo e riconoscere l’effettiva professionalità dei numerosi addetti al settore.
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A ciò si aggiunge un altro aspetto importante che emerge dalla sentenza. Nel caso che ha generato la pronuncia in esame, delle perplessità si erano destate anche per l’apposizione della clausola di prova all’interno del contratto di lavoro, dal momento in cui la prova verteva sulle mansioni del livello IV, e per il successivo licenziamento per mancato superamento dello stesso periodo di prova.
Dunque, secondo il ragionamento seguito dal Giudice, se il livello effettivo da assegnare è diverso – in questo caso il III –, il patto di prova è nullo ed il licenziamento in forza di un asserito mancato superamento dello stesso periodo di prova si configura come illegittimo.
Un buon precedente, questo, per garantire i diritti di lavoratori e lavoratrici del settore.
È possibile consultare la sentenza cliccando sul seguente link: