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I lavoratori possono impugnare il bando di una gara di appalto e, se lo fanno, l’Amministrazione li ascolta.

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lavoratori impugnano bando appalto

I lavoratori possono impugnare il bando di una gara di appalto e, se lo fanno, l’Amministrazione li ascolta.

By Bartolo Mancuso | Appalti pubblici, Diritto amministrativo, Diritto del lavoro | 0 comment | 21 Novembre, 2023 | 0

Ormai non vi sono dubbi sul fatto che i Vichinghi fossero giunti sulle coste americane alcune centinaia di anni prima di Cristoforo Colombo. Ciò nonostante, gli storici non danno a questo dato eccessivo valore, perché era una prima volta, per così dire, con la “p” minuscola. È solo con Colombo che si avvia la colonizzazione sistematica del continente, che ha prodotto gli effetti che vediamo ancora.

Non siamo degli storici e questo inizio giocoso ci è venuto in mente in relazione alla vicenda giudiziaria che vogliamo commentare. Non siamo a conoscenza di altri casi in cui lavoratori e lavoratrici abbiano tentato di impugnare al TAR il bando di una gara di appalto.

D’altra parte, gli impedimenti a un’azione del genere sono molti, anche solo sotto il profilo economico, visti gli importi elevati richiesti a titolo di contributo unificato per i ricorsi in materia.

Forse non siamo i primi.

Ma – sempre forse per carità – siamo i primi a impugnare un bando di gara in maniera organizzata, proprio con l’obiettivo di arare il terreno per un raccolto futuro.

Stiamo parlando del ricorso intentato da 43 lavoratori e lavoratrici, organizzati dal Sindacato Cobas lavoro privato, impiegati nel servizio di Centro Unico di Prenotazione per la Azienda Sanitaria Locale Roma 3, con cui si è impugnato il bando della gara d’appalto per l’affidamento di tale servizio.

I lavoratori contestavano che il nuovo bando di gara non indicava il CCNL che l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto applicare, non individuava i costi della manodopera e non conteneva un’adeguata clausola sociale per la stabilità occupazionale.

In altri termini, il bando di gara tradiva molti degli aspetti sociali a cui ha da poco dato spazio il nuovo Codice dei contratti pubblici. 

Si rischiava così di vanificare la tensione positiva contenuta nel nuovo Codice (che pure ovviamente non è esente da ombre) sull’onda degli stimoli provenienti dall’ordinamento dell’Unione europea (a partire dal considerando 2 della direttiva 2014/24 che parla far un miglior uso degli appalti pubblici per sostenere il conseguimento di obiettivi “di valenza sociale”, passando per la comunicazione della Commissione europea, “Acquisti sociali – Una guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici – 2021/C 237/01”) e della disciplina dei contratti finanzianti con fondi del PNRR (art. 47, d.l. n. 77/2021).

Vuoi per la naturale fase di rodaggio di ogni nuova normativa, vuoi per la mancanza di sensibilità in un settore abituato a concentrarsi soprattutto sulle garanzie della corretta competizione tra imprese, a pochi giorni dalla scadenza, i lavoratori e le lavoratrici del servizio in questione si sono viste sfumare le garanzie descritte. Sul piatto vi era finanche la perdita del posto di lavoro, se si considera che tra gli aspetti critici vi era anche la mancanza di un’adeguata clausola sociale che accompagnasse l’assorbimento da parte del nuovo affidatario.

Il crinale giudiziario più esposto riguardava la legittimazione ad agire da parte dei lavoratori e delle lavoratrici. Non perché in coscienza ne dubitassimo, anche perché senza un’inversione di rotta, l’aggiudicatario avrebbe potuto scegliere il peggiore fra i CCNL e non prevedere alcuna garanzia di stabilità occupazionale, senza con ciò violare il bando di gara.

E allora, ecco il punto giuridico: lavoratori e lavoratrici sono i primi destinatari delle garanzie sociali contenute nel Codice dei contratti pubblici e, in quanto tali, possono impugnare il bando di gara che ignora tali garanzie.

Non è stato necessario che tale punto venisse esplicitato dal TAR Lazio, in quanto è stata sufficiente la notificazione del ricorso, insieme alle proteste e alle mobilitazioni del sindacato, a ottenere che prima della udienza camerale, l’Amministrazione rettificasse il bando di gara, accogliendo tutte le pretese dei lavoratori e delle lavoratrici.

Di conseguenza, l’esito giudiziario è stata una sentenza di cessazione della materia del contendere, scarna, come tutte le pronunce di questo tipo, ma pregnante, se letta con lenti adatte.

Il TAR Lazio ha riconosciuto la completa adesione dell’Amministrazione alle richieste di lavoratrici e lavoratori e, pur non essendovi una pronuncia espressa sulla legittimazione, la vicenda costituisce complessivamente un precedente importante.

Riteniamo che il monitoraggio da parte dei lavoratori e dei sindacati sui bandi di gara sia fondamentale per rendere concrete le garanzie normative esistenti. La possibilità di un accesso alla giustizia sotto questo profilo è un avanzamento importante, nel pieno spirito dell’art. 24 della Costituzione. Sarebbe peraltro opportuno che si preveda per tali casi un contributo unificato più adeguato ai redditi dei lavoratori, comprese le esenzioni totali.

Siamo stati onorati di aver potuto patrocinare questa causa e ringraziamo lavoratrici, lavoratori e sindacato per averci dato fiducia.

Aurora Donato e Bartolo Mancuso

amministrativo, appalti, appalti pubblici, diritto del lavoro, nuovo codice appalti, Pubblica Amministrazione

Bartolo Mancuso

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