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Gli effetti della recente riforma del Codice di procedura civile sul processo amministrativo

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Gli effetti della recente riforma del Codice di procedura civile sul processo amministrativo

By Giulia Alberto | Diritto amministrativo | 0 comment | 2 Dicembre, 2022 | 0

Il Codice di procedura civile costituisce un caposaldo nel più ampio panorama dei sistemi processuali. Per questa ragione, ogni intervento di riforma che lo riguarda porta a costanti riflessioni e a prendere atto degli effetti di più ampio respiro che si ripercuotono, ad esempio, anche sul processo amministrativo.

Lascia tutt’altro che indifferenti, infatti, la recente revisione del Codice di procedura civile ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che, in attuazione della legge delega del 26 novembre 2021, n. 206, vedrà applicate – in funzione degli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile – nuove norme ai procedimenti instaurati successivamente al 30 giugno 2023, salvo diversa disposizione.

Senza dubbio, interessa il sistema processuale amministrativo la modifica di numerose disposizioni in tema di notificazioni degli atti giudiziari civili – contenute sia nel Codice di procedura civile sia in leggi speciali – alle quali l’art. 39, co. 2, c.p.a. rinvia integralmente per la regolamentazione delle notificazioni degli atti giudiziari amministrativi. A titolo esemplificativo:

  • l’art. 147 c.p.c., rubricato “Tempo delle notificazioni”, consentirà che le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato vengano eseguite senza limiti di orario, con la precisazione che la notifica, se la ricevuta di avvenuta consegna viene generata tra le ore 21 e le ore 7 del mattino del giorno successivo, si intenderà perfezionata per il destinatario alle ore 7;
  • quanto alle notificazioni eseguite dall’avvocato, il nuovo comma 1 bis dell’art. 3 bis della legge n. 53 del 1994 reintrodurrà definitivamente IPA quale pubblico elenco valido ai fini dell’individuazione dell’indirizzo pec delle PP.AA. Infatti, dal 17 luglio 2020 IPA, per effetto dell’art. 28 d.l. n. 76 del 2020, costituiva un pubblico elenco valido per le notifiche pec, a condizione che nel registro PP.AA. non risultasse presente l’indirizzo pec della Pubblica Amministrazione.

Tra le altre materie oggetto di riforma, il decreto delegato è intervenuto anche sui mezzi di prova, innalzando le sanzioni pecuniarie applicate ai casi di rifiuto di eseguire l’ordine del giudice di ispezione su persone o cose, ai sensi dell’art. 118 c.p.c., e di inadempimento senza giustificato motivo dell’ordine di esibizione imposto dal giudice alla parte o ad un terzo, ai sensi dell’art. 210 c.p.c. L’art. 63 c.p.a. recepisce le richiamate modifiche, rinviando direttamente alle disposizioni in commento.

Sul diverso tema del processo telematico, invece, viene inserito un terzo comma nell’art. 127 c.p.c., in questo caso applicabile ai procedimenti civili pendenti dal 1° gennaio 2023. La disposizione, in particolare, rinvia ai nuovi articoli 127 bis e 127 ter c.p.c., in ordine ai casi in cui il giudice – nell’esercizio del suo potere direttivo – può decidere, rispettivamente, che l’udienza si svolga a distanza mediante collegamenti audiovisivi, ovvero che venga sostituita dal deposito di note scritte.

Si tratta di una norma che – riscontrata ormai l’efficienza delle udienze da remoto nel periodo di emergenza sanitaria da Covid-19 – rimanda a due disposizioni di carattere generale, ma, tuttavia, non applicabili nel sistema processuale amministrativo, in quanto incompatibili ai sensi dell’art. 39, co. 1, c.p.a. Infatti, il processo dinanzi al giudice amministrativo riconosce, da un lato, il ruolo centrale dello svolgimento dell’udienza ai fini dell’effettiva tutela del diritto di difesa delle parti e del principio del contraddittorio e riserva, dall’altro, lo svolgimento dell’udienza da remoto alle c.d. udienze smaltimento, ai sensi dell’art. 87, co. 4 bis, c.p.a.

Da ultimo, si nota come la riforma voglia attribuire maggiore risalto al giudice amministrativo, attraverso modifiche, talvolta solo terminologiche, che lo differenziano rispetto ai giudici speciali. La riflessione deriva dalla nuova formulazione dell’art. 37 c.p.c., sul difetto di giurisdizione, che viene allineata anche dal punto di vista sostanziale all’art. 9 c.p.a., nella parte in cui confina al solo giudizio di primo grado la rilevabilità anche d’ufficio “del difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo e dei giudici speciali”.

Analogamente, il legislatore delegato inserisce la citata distinzione lessicale nell’art. 362 c.p.c., rubricato “Altri casi di ricorso”, per cui, alla luce della modifica apportata, possono essere impugnate con ricorso per cassazione le decisioni in grado d’appello o in unico grado “del giudice amministrativo o di un giudice speciale”, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso, e denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione i conflitti positivi o negativi di giurisdizione “tra giudici speciali o tra giudice amministrativo e giudice speciale, o tra questi e i giudici ordinari”.

La riforma in commento, dunque, non solo offre un intervento di revisione organica della disciplina processual-civilistica, al fine di garantire una maggiore efficienza del processo, ma sembra anche rafforzare la piena equiparazione tra giudice ordinario e giudice amministrativo nel contesto giurisdizionale e ordinamentale italiano.

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