Il superamento dei limiti dimensionali prescritti nel disciplinare di gara di un appalto pubblico per la redazione dell’offerta tecnica, attenendo ad aspetti formali della stessa, potrebbe sembrare un problema di poco conto. In realtà, molto spesso il giudice amministrativo viene investito di questioni connesse alla mancata aggiudicazione o all’esclusione da una gara che coinvolgono operatori economici che hanno presentato offerte non conformi ai requisiti formali imposti dalla stazione appaltante.
Infatti, se la redazione dell’offerta economica consiste, di norma, nella compilazione di uno schema o di un modulo fornito alle imprese concorrenti, più problematica risulta quella dell’offerta tecnica, per la quale il bando di gara può prescrivere che, oltre agli elementi essenziali di cui deve essere connotata l’offerta, siano rispettati anche alcuni limiti dimensionali, inerenti ad esempio al numero massimo di facciate e di righe per pagina, alla tipologia di carattere da utilizzare e alla sua dimensione, al fine di agevolare e semplificare l’operato della commissione giudicatrice – chiamata a leggere e a comparare le offerte presentate – da un lato, e di garantire la parità di trattamento tra le imprese partecipanti, dall’altro.
Discostandosi dall’orientamento che ammette che il superamento del limite massimo di pagine per la redazione dell’offerta tecnica possa costituire causa di esclusione dalla gara ove previsto nel bando, una diversa giurisprudenza, al contrario, qualifica come nulle eventuali clausole, per violazione dell’art. 83, co. 8, del Codice dei contratti pubblici e del principio di tassatività delle clausole di esclusione. Dello stesso avviso è anche l’ANAC che, nella delibera n. 323 del 21 aprile 2021, ha precisato che, qualora la stazione appaltante imponga un numero di pagine massime consentite e criteri redazionali, l’applicazione di tali limiti dimensionali, costituendo una mera indicazione per i concorrenti, deve avvenire nel rispetto dei princìpi di certezza, di trasparenza e di più ampia partecipazione degli operatori economici alle procedure ad evidenza pubblica.
Conformemente a questa interpretazione si è espresso di recente il Consiglio di Stato, in merito all’annullamento – disposto in primo grado – dell’aggiudicazione di un appalto di servizi di accoglienza e integrazione di migranti (Sez. V, 9 agosto 2022, n. 7022). In particolare, veniva contestato il fatto che la gara fosse stata comunque aggiudicata alla società appellante, nonostante quest’ultima avesse presentato un’offerta tecnica di 45 pagine complessive, disattendendo sia dalla tipologia di carattere che dal limite di 18 pagine prescritti dalla stazione appaltante, insieme ad altri limiti dimensionali, nel disciplinare di gara.
Nel caso di specie, accertata la legittimità della clausola inserita nel bando – che sanzionava il superamento del limite di pagine non con l’esclusione dalla gara del concorrente ma con il mero divieto per la commissione di esaminare le pagine delle relazioni tecniche eventualmente eccedenti la diciottesima – il giudice ha dichiarato che la stessa commissione giudicatrice, discostandosi di fatto dalla prescrizione in commento, ha integrato un’inammissibile disapplicazione del disciplinare, in aperta violazione del principio di parità e di non discriminazione fra i partecipanti alla gara, i quali, nel rispetto del bando non hanno potuto fornire elementi di ulteriore valorizzazione delle proprie offerte.
Le regole di certezza e la parità di trattamento – poste alla base dello svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica – impongono infatti che le clausole del bando di gara, che vincola tanto la stazione appaltante quanto la commissione giudicatrice, sono soggette ad una rigida interpretazione letterale, tale da non ammettere alcuno scostamento, salvo ipotesi di obiettiva incertezza di significato comunque non riscontrata nel caso in esame.
Non potendo assumere rilievo una nuova relazione tecnica di 18 pagine della cooperativa aggiudicataria, in quanto la commissione risulterebbe ormai influenzata dall’offerta originariamente prodotta, rimarrebbe impregiudicata – secondo la Sezione adita – la possibilità, stante la sussistenza di residua discrezionalità tecnica, di riedizione del potere da parte dell’amministrazione resistente, che ben potrebbe ricorrere ad una commissione in diversa composizione, affinché rivaluti l’offerta tecnica dell’appellante escludendo le pagine eccedenti la diciottesima.
Procedendo in questa direzione, l’offerta tecnica dell’aggiudicataria risulterebbe, tuttavia, priva degli elementi essenziali attinenti alle modalità di organizzazione e di gestione del lavoro, con la conseguenza che la stazione appaltante dovrebbe disporre l’esclusione della concorrente dalla gara. In questo modo, però, la clausola del bando assumerebbe carattere espulsivo e, dunque, sarebbe nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e del principio di imparzialità e buon andamento ai sensi dell’art. 97 Cost.
Per questa ragione il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza appellata con diversa motivazione, ritenendo opportuno, alla luce delle osservazioni premesse e al fine di garantire la certezza della parità di trattamento tra i concorrenti, procedere con la ripetizione della gara a partire dalla fase di presentazione delle relazioni, che dovranno comunque essere valutate da una diversa commissione.